Salta nel mio sacco!
Nelle montagne del Niolo, pelate e grame, tanto tanto tempo fa viveva un padre
con dodici figli. C'era carestia, e il padre disse: - Figli, pane da darvi
non ne ho più, andatevene per il mondo, da vivere meglio che a casa troverete
certo.
Gli undici figli maggiori già si disponevano ad andare, quando il dodicesimo,
il più piccino, che era zoppo, si mise a piangere. - E io che sono zoppo, come
farò a guadagnarmi da vivere?
E il padre: - Bambino mio, non piangere, andrai
coi tuoi undici fratelli e quel che troveranno loro sarà anche tuo.
Così i
dodici promisero di non lasciarsi mai, e partirono. Camminarono un giorno,
due giorni, e lo zoppetto restava sempre indietro. Al terzo giorno, il maggiore
disse: - Questo nostro fratellino Francesco che resta sempre indietro è un
bell'impiccio per noialtri! Lasciamolo per la strada: sarà anche meglio per
lui perché troverà qualche anima buona che ne avrà pietà. Così non si fermarono
più ad aspettarlo e continuarono la loro strada, domandando l'elemosina a tutti
quelli che incontravano, finché non fecero ingresso a Bonifacio.
A Bonifacio
c'era una barca attraccata al molo. - E se salissimo in barca e ce ne andassimo
in Sardegna? - disse il maggiore. - Forse laggiù c'è meno fame che da noi!
I fratelli salirono in barca, e salparono. Quando furono in mezzo allo stretto
si levò una burrasca così grossa che la barca andò in mille pezzi contro gli
scogli e i fratelli annegarono tutti e undici. Intanto Francesco lo Zoppetto,
stanco morto e disperato, non trovando più i fratelli aveva gridato, aveva
pianto, e poi s'era addormentato sul ciglio della strada.
La Fata di quel posto,
dalla cima d'un albero, aveva visto e sentito tutto. Appena Francesco si fu
addormentato, scese dall'albero, andò a cogliere certe erbe che sapeva lei,
ne fece un impiastro, glielo mise sulla gamba zoppa, e la gamba da zoppa divenne
sana. Poi ella prese l'aspetto d'una povera vecchina e si sedette su di una
fascina aspettando che Francesco si svegliasse.
Francesco si svegliò, si tirò
su, fece per riprendere i cammino zoppicando e s'accorse che non zoppicava
più ma camminava come gli altri. Vide la vecchina seduta lì e le chiese: -
Signora, avete per caso visto un dottore?
- Un dottore? E che vuoi fare
d'un dottore?
- Voglio ringraziarlo. Sì, dev'essere passato un gran dottore,
che
m'ha guarita la gamba zoppa mentre dormivo.
- Chi t'ha guarito la gamba zoppa
sono io, - disse la vecchina. - Perché io conosco tutte le erbe, e anche l'erba
che guarisce le gambe zoppe.
Francesco, tutto felice, saltò al collo della
vecchina e la baciò su tutt'e due le guance.
- Come posso provarti la mia riconoscenza,
nonna? Dammi questa fascina che te la porto io. Si chinò per sollevare la fascina,
ma quando si levò, al posto della vecchia c'era la più bella giovane che si
possa immaginare, tutta luccicante di diamanti, coi capelli biondi che le coprivano
le spalle, la veste di seta turchina ricamata d'oro e due stelle di pietre
preziose sugli stivaletti. Francesco, a bocca aperta, cadde ai piedi della
Fata.
-Alzati, - ella disse. - Ho visto che non sei ingrato, e ti aiuterò.
Di' due desideri e io li esaudirò subito. Sappi che sono la Regina delle Fate
del Lago di Creno.
Il ragazzo ci pensò un po' su, e poi rispose: - Desidero
un sacco nel quale vada a finire dentro ogni cosa al mio comando.
- E un sacco
così avrai. Ti resta ancora un desiderio.
- Desidero un bastone che faccia tutto
quel che comando io.
La Fata disse: - E un bastone così avrai, - e sparì.
Ai
piedi di Francesco c'erano un sacco ed un bastone. Tutto felice, il ragazzo
volle far la prova. Dato che aveva fame, gridò: - Che una pernice arrosto entri
nel mio sacco! - E, pam!, una pernice già arrostita volò dentro il sacco. -
Che c'entri del pane! - E, pam!, un pane entrò nel sacco. - Che c'entri un
fiasco di vino! - E, pam!, il fiasco di vino. Francesco fece un pranzo coi
fiocchi. Poi si rimise per via, senza più zoppicare, e l'indomani si trovò
a Mariana.
A Mariana si davano convegno tutti i più gran giocatori della Corsica
e del Continente. Francesco era senza un soldo, e comandò: - Centomila scudi
nel mio sacco! - E il sacco si riempì di scudi. In un baleno, si sparse per
Mariana la voce che era arrivato il Principe di Santo Francesco, famoso per
le sue ricchezze.
Bisogna sapere che a quel tempo il Diavolo prediligeva la
città di Mariana. Sotto forma d'un bel giovanotto, vinceva tutti alle carte,
e quando i giocatori erano rimasti senza un soldo, comprava le loro anime.
Saputo di questo ricco forestiero che si faceva chiamare Principe di Santo
Francesco, il Diavolo, travestito, l'andò subito a trovare. - Signor Principe,
scusatemi se ho l'ardire di presentarmi davanti a voi, ma la vostra fama di
giocatore è tanto grande, che non ho resistito al desiderio di venire
a farvi visita.
- Voi mi confondete, - disse Francesco. - A dir la verità, non so
giocare a nessun gioco, anzi non ho mai preso in mano un mazzo di carte. Però,
qualche
partita con voi, così per imparare, mi piacerebbe farla, e son certo che alla
vostra scuola non tarderò a farmi esperto.
Il Diavolo era tanto soddisfatto
della visita che, accomiatandosi, non stette bene attento e facendo la riverenza
allungò una gamba e mostrò il piede di caprone.
"Ah, ah! - disse tra
sé Francesco. - Questo è zio Satana che mi è venuto a far visita. Bene! Troverà
pane per i suoi denti!" E, rimasto solo, comandò al sacco una bella cena.
L'indomani, Francesco andò alla casa da gioco. C'era un gran trambusto e tutta
la gente s'affollava in un punto. Francesco si fece largo e vide per terra
il corpo d'un giovane col petto insanguinato. - Un giocatore che ha perduto
tutta la sua fortuna, - gli spiegarono, - e s'è piantato un pugnale
nel cuore proprio adesso. Tutti i giocatori erano tristi in volto. Solo uno
in mezzo
a loro, s'accorse Francesco, rideva sotto i baffi. E Francesco riconobbe il
Diavolo che era venuto a fargli visita.
- Presto! - disse il Diavolo. - Portiamo
via questo disgraziato, e riprendiamo il gioco! - E tutti ripresero le carte.
Francesco, che non sapeva neanche tener le carte in mano, quel giorno perdette
tutto quel che aveva con sé. Il secondo giorno, aveva già imparato un po' a
giocare, e perdette più ancora del primo. Il terzo giorno s'era ormai fatto
esperto, e perdette tanto che tutti lo credevano rovinato. Ma per lui non era
niente, perché non aveva che da comandare al suo sacco, e ci trovava dentro
tutto l'oro che gli serviva. Perse tanto che il Diavolo si disse: "Ormai,
fosse pure l'uomo più ricco del mondo, è certo rimasto sul lastrico".
Lo prese da parte e gli disse: - Signor Principe, non so dirvi quanto mi duole
la mala sorte che s'è abbattuta su di voi. Ma ho una buona notizia da darvi:
se mi date retta, posso farvi recuperare la metà di quel che avete perso! E
come? Il Diavolo si guardò intorno, poi gli sussurrò: - Vendetemi l'anima.
-Ah sì! - gridò Francesco. - E' questo il consiglio che mi dai, Satana? Ebbene,
salta nel mio sacco! Il Diavolo ghignò e fece per scappare, ma non c'era verso:
finì a capofitto dentro la bocca del sacco spalancata. Francesco chiuse il
sacco e disse al bastone: - Batti qua sopra!
E il bastone, giù botte! Il Diavolo,
dentro il sacco, si dimenava, piangeva, imprecava. - Lasciami uscire! Ferma
o muoio!
-Ah sì? Muori? E credi che sarebbe un male? - E il bastone, giù botte.
Dopo tre ore di quella gragnuola - "Basta così, - disse Francesco -
per oggi, almeno".
- Cosa vuoi per ridarmi la libertà? - chiese il Diavolo
con un
di voce.
- Senti bene: se rivuoi la libertà devi risuscitare subito tutti
quelli che si sono ammazzati per colpa tua nella casa da gioco!
- Te lo giuro!
- disse il Diavolo.
- Esci, allora: ma ricordati che posso riacciuffarti quando
voglio.
Il Diavolo si guardò bene dal mancar di parola; sparì sottoterra
e di lì a poco da sottoterra saltò fuori una folla di giovani
pallidi in faccia, con gli occhi febbricitanti.
- Amici miei, - disse loto Francesco, - voi vi
siete rovinati al gioco e per la disperazione vi siete ammazzati. Io ora ho
avuto la possibilità di risuscitarvi, ma un'altra volta non so se ci riuscirei.
Ditemi, promettete di non giocare più, se vi lascio in vita?
- Sì, sì, lo giuriamo!
- Bene, allora eccovi mille scudi per ciascuno. Andate, e guadagnatevi il pane
lavorando.
I giovani risuscitati partirono tutti felici; chi fece ritorno alla
famiglia in lutto, e chi si mise in giro per il mondo perché la sua mala condotta
passata aveva fatto morire di crepacuore i genitori. Anche a Francesco venne
il pensiero del suo vecchio padre. Si mise in strada per tornare al suo paese,
ma per via incontrò un ragazzo che si torceva le mani dalla disperazione.
-
Be', giovanotto, di professione fai il fabbricante di smorfie? - chiese Francesco,
che era allegro. - E a quanto le vendi, la dozzina?
- Io non ho voglia di ridere,
signore, - rispose il ragazzo.
- Cosa c'è che non va?
- Mio padre fa il taglialegna
ed è l'unico sostegno della famiglia. Stamattina è caduto d'in cima a un castagno
e s'è rotto un braccio. Sono corso in città a chiamare il medico; ma il medico
sa che siamo poveri e non s'è voluto disturbare.
- Tutto qui?
Sta' tranquillo.
Ci penso io.
- Siete medico?
- No, farò venire quello lì. Come si chiama? Dottor
Pancrazio. Bene! Dottor Pancrazio, salta nel mio sacco!
E nel sacco piombò
a capofitto un medico, con tutti i suoi strumenti. Bastone, batti qua sopra!
- E il bastone cominciò la sua danza. - Aiuto! Pietà!
- Prometti di curare
gratis il taglialegna?
- Prometto tutto quel che volete.
- Esci dal sacco,
allora. - E il medico corse al capezzale del taglialegna.
Francesco riprese
il cammino
e dopo qualche giorno arrivò al paese, dove si pativa più fame di prima. A
forza di comanda "Un pollo allo spiedo salti nel mio sacco!", "Un
fiasco di vino salti nel mio sacco!", Francesco riuscì a metter su una
locanda dove tutti potevano togliersi l'appetito senza pagare un soldo. Così
durò finché durò la carestia. Quando ritornò l'abbondanza, Francesco non volle
dar più niente a nessuno, perché sarebbe stato come incoraggiare la pigrizia.
Credete che ora lui fosse felice? Macché! Era triste di non saper più nulla
dei suoi undici fratelli; ormai aveva loro perdonato la cattiva azione d averlo
abbandonato solo e zoppo. E così provò a dire: - Giovanni mio fratello, salta
nel mio sacco! Qualcosa si scosse dentro il sacco. Francesco aprì e guardò:
era un mucchio d'ossa.
- Paolo mio fratello, salta nel mio sacco! Un altro
mucchio d'ossa.
- Pietro mio fratello, salta nel mio sacco! - E continuò a chiamarli
fino all'undicesimo, e ogni volta, ahimè, non trovava nel sacco che un mucchietto
d'ossa mezzo rosicchiate. Non c'era dubbio: i suoi fratelli erano morti tutti
da un pezzo. Francesco era triste. Anche suo padre morì, e rimase solo.
Ed
anche a lui toccò di venir vecchio. L'unico desiderio che aveva, prima di morire,
era di rivedere la Fata del Lago di Creno che l'aveva reso tanto fortunato.
Così si Mise in cammino e arrivò nel posto in cui l'aveva incontrata per la
prima volta. Si mise ad aspettarla, ma aspetta aspetta, la Fata non veniva.
- Dove sei, buona Regina? - supplicava lui. - Mostrati ancora una volta! Non
voglio morire senza averti rivista! Era scesa la notte. Della Fata non s'era
vista traccia. Invece, per quella via, passò la Morte. In una mano teneva una
bandiera nera, e nell'altra la falce. S'avvicinò a Francesco: - Ebbene, vecchio,
non sei ancora stanco della vita? Non ne hai percorso abbastanza di monti e
di valli? Non è tempo che tu faccia come tutti e te ne venga con me?
- O Morte!
- rispose il vecchio Francesco, - io ti benedico! Sì, di mondo ne ho visto
abbastanza, e anche di tutto quel che il mondo contiene; mi sono saziato d'ogni
cosa. Ma prima di venire con te, ho bisogno di dire addio a una persona. Dammi
un giorno di tempo.
- Di' le tue preghiere, piuttosto, se non vuoi morire come
un saracino, e poi spicciati a venirmi dietro.
- Ti supplico, aspetta fino al
mattino, finché non canti il gallo.
- No. Un'ora, via. Neanche un minuto.
- Allora,
visto che sei così crudele, salta nel mio sacco!
La Morte tremò, tutte le sue
ossa batterono l'una contro l'altra, ma non potè fare a meno di saltare nel
sacco. Nello stesso istante, apparve la Regina delle Fate, splendente e giovane
come quella volta.
- Fata, - disse Francesco, - ti ringrazio!
- E alla Morte:
- Salta fuori dal sacco, e attendimi.
- Tu non hai abusato del potere che t'avevo
dato, Francesco, - disse la Fata. - Il tuo sacco e il tuo bastone t'hanno servito
per fare il bene. Voglio compensarti. Dimmi cosa desideri.
- Non desidero più
niente.
- Vuoi essere "caporale"?
- No.
- Vuoi essere re?
- Non
voglio più nulla.
- Vecchio, vuoi la salute, la giovinezza.
- T'ho vista. Muoio
contento.
- Addio, Francesco. Brucia il sacco e il bastone, prima. - E la Fata
sparì.
Il buon Francesco accese un gran fuoco, si riscaldò un momento le membra
ghiacciate, buttò nella fiamma il sacco e il bastone, perché nessuno ne facesse
uso cattivo. La Morte era lì, dietro un cespuglio.
- Cu-cu-ia-c?! Cu-cu-ia-c?!
- cantò il primo gallo.
Francesco non sent?. L'età l'aveva fatto sordo.
- Il
gallo! - disse la Morte, e colpì il vecchio con la falce, e sparì portandosi
dietro il suo cadavere.